No, non del blog ma del sito principale, che era rimasto più o meno come l’avevo scritto inizialmente durante le vacanze di Natale del 2015 (come passa il tempo…), il tutto solo per poter aggiungere in fondo al mio curriculum la linea “Basic knowledge of modern website design using HTML 5, CSS 3 and Javascript“, nella convinzione che ciò avrebbe facilitato le mie successive ricerche di impiego (beata ingenuità).
Anche l’osservatore più distratto noterà che il layout è stato drasticamente semplificato: è sparita l’animazione nell’header (che serviva solo a bruciare cicli di CPU), è sparito l’iframe con le sotto-pagine, lo schema di colori è passato da un (molto hackeroso) verde-su-nero a un più classico grigio-su-bianco, e un po’ di contenuti inutilmente privati sono stati rimossi (è triste constatarlo, ma nell’internet degli anni ’20 ogni informazione personale che metti online sarà usata nel 99% dei casi esclusivamente a tuo danno). Rispetto al 2015 poi c’è Flexbox, che rende possibile ad esempio creare un menu di navigazione semidecente con tre righe di CSS (dove prima ne servivano 30).
In tutte queste modifiche sono stato influenzato dalla filosofia del designed to last, che suggerisce una radicale semplificazione del modo in cui i siti web vengono progettati e sviluppati. Bisogna anche dire che la stessa filosofia suggerirebbe di buttare a mare WordPress, con cui sto scrivendo questo post, e sostituirlo con un generatore di siti statico come Jekyll; e magari prima o poi farò anche questo. (Ma tanto, per la frequenza con cui aggiorno il blog… ammesso poi che ci sia ancora qualcuno che lo legge.)
PS: ogni relazione tra il giorno di pubblicazione del nuovo sito (e di questo articolo) e i dati biografici del sottoscritto è puramente casuale.