Mi sembra che la vicenda del naufragio della Costa Concordia sia uno specchio perfetto dell’Italia attuale. Da quanto si è capito finora sulla dinamica dell’incidente, abbiamo: una prassi di costante violazione delle regole (passaggio fuori rotta di diversi chilometri per il «saluto» all’isola del Giglio); una serie di grossolani errori di valutazione; il tentativo, tanto pervicace quanto inutile, di negare il disastro appena avvenuto («abbiamo solo un piccolo guasto tecnico»); un comandante che, invece di coordinare le operazioni di salvataggio, fugge vigliaccamente dalla nave che affonda. Le sue prime dichiarazioni sono, con il senno di poi, sconcertanti: «La manovra era del tutto regolare» (la rotta ufficiale passa a 5 miglia dall’isola). «Quella secca non era segnata sulle carte nautiche» (gli scogli contro cui si è infranta la Concordia, detti Le Scole, sono noti da circa 2500 anni). «Ho cercato di salvare i passeggeri» (e infatti è stato tra i primi ad arrivare a terra).
Ecco: se dovessi individuare una singolo comportamento che caratterizza l’Italia dell’era berlusconiana, sceglierei proprio questo: la negazione dell’evidenza. Non è vero che nessuno vuole più i nostri titoli di stato perché non cresciamo da vent’anni e il debito pubblico è fuori controllo: sono gli speculatori brutti e cattivi che ci hanno preso di mira. Non è vero che ho rubato la Mondadori: sono i giudici politicizzati che ce l’hanno con me. Non è vero che ho pagato 600.000$ a Mills perché dicesse il falso in tribunale: è che lui ha fatto il mio nome per coprire un tizio che non conosce nessuno. Non è vero che ho fatto uscire Karima El Mahroug dalla questura perché faceva parte del mio giro di prostitute: credevo davvero che fosse la nipote del presidente egiziano. E poi io do una mano a chiunque me la chieda.